domenica 30 giugno 2013

Le interviste indiescutibili: Fufilla "La Via di Fuori"




                                        




Dalle mie parti, ogni mattina centinaia di contadini, o braccianti, o manovali agricoli (insomma chiamateli come volete voi, la sensibilità è la vostra non certo la mia) verso le cinque e mezza della mattina  si incamminano verso "la via di fuori". Chi non è nato a Cerignola, Canosa, Andria,Barletta ,Molfetta, insomma in quella sconfinata distesa pianeggiante compresa tra la bassa Daunia e l'alta Murgia probabilmente non capirà dove effettivamente siano diretti. Andare "alla via di fuori", vuol dire andare in campagna, vuol dire andare a lavorare, ma puo voler anche dire andarsene e basta. La via di fuori è un non-luogo, un contenitore di esperienze mutuate dal quotidiano vivere, un varco che prima o poi dovremo attraversare senza poter tornare indietro.
Una personalissima fotografia sbiadita, che un giorno ricacceremo da un vecchio baule polveroso, la cui vista ci farà sorridere, godere, piangere, incazzare, ma rimarrà nella sua purezza un marchio indelebile di noi stessi.
Il primo lavoro di Fufilla ("La via di Fuori" edito da Nicorelli Editore) ti lascia con l'amaro in bocca, ti tocca nel profondo, portandoti anche a porti domande scomode, ma sicuramente è un opera che ti arricchisce interiormente.
"La via di Fuori" è una graphic novel che fatica nell'essere etichettata come fumetto. E' un romanzo di formazione i cui tempi, sicuramente più cinematografici che letterari, lo rendono estremamente gradevole da "consumare".
Dirò di più: nelle sue svolte oniriche sembra avere un che di Fellinesco: la sequenza di Giorgio bambino che fluttua nell'aria, porta alla mente echi mai sopiti da "Il Viaggio di G. Mastorna", l'opera incompiuta del Maestro, arrivata a noi proprio tramite schizzi disegnati (toh!).

 Voglio subito premettere che non si tratta di una recensione, più che altro ho voluto condividere le sensazioni che ho provato leggendo questo lavoro.
Piuttosto preferirei proporvi, la "chiaccherata" tra me e Fufilla su questo suo primo lavoro.
Per volere dell'autore riporto la chiaccherata integralmente, senza censure (ma quelle non ci sarebbero mai state, ne tantomeno per un "cazzo" detto solo una volta) apparte qualche strafalcione di scrittura che piu che offendere il buon gusto rischiava di offendere la grammatica.
Infatti come dice l'autore stesso: "è un fatto stilistico, è tutta una cazzata, una finzione.....".






Innanzitutto, grazie per la disponibiltà e benvenuto su Indiestruttibili. Leggendo il tuo lavoro, si nota una fortissima vena autobiografica. E' stata dura per te metterti a nudo?

Inizialmente non ci ho pensato, francamente non mi sono neanche posto il problema. Questo però non vuol dire che lo ignorassi, semplicemente ho rimandato questo pensiero al momento in cui sarei andato al deposito del tipografo per ritirare le copie. Quando quel momento è arrivato, mi sono detto " Cazzo ci siamo!". E' stata una sensazione molto forte. Il punto è che non volevo pensarci prima. Il mio è stato più che altro un escamotage stilistico, al quale credevo di essere immune. 




Ma mentre nasceva la storia, eri consapevole di quello ciò che stavi partorendo o semplicemente ti sei lasciato andare?

Certo che ne ero consapevole. Ma se in un certo senso la mia storia è un esercizio catartico, allora avevo l'obbligo di lasciarmi andare. Alle volte ho cercato di toccare i punti più imbarazzanti proprio per farmi coraggio. se volevo che fosse autentico, dovevo necessariamente lasciarmi andare....poi però si sta meglio.

Nella tua storia, una componente essenziale è  l'elaborazione del lutto, inteso come passaggio di consegne tra l'infanzia e la maturità adulta. Affrontare questi temi delicati, per te è stato un modo anche di elaborarli? C'erano dei fantasmi di cui dovevi liberarti?

Indubbiamente. Non era solo un mio fantasma, ma un fantasma "familiare". Uno psicologo infantile di mia conoscenza qualche tenpo fa mi disse "quando tra generazioni è presente una sorta di comunicazione non verbalizzata (la quale porta con se traumi non elaborati, come un lutto generato da una morte violente) accade che persone della nuova generazione, hanno la forza e la lucidità di trasformare tale rimosso in un oggetto del mondo".

Sotto un profilo stilistico, nel tuo fumetto ho notato alcune analogie con Fun Home-A Family Tragicomic di Alison Bechdel. Ti riconosci in questo parallelo?



Ci sono delle vaghe somiglianze, ma sono fondamentalmente due opere diverse tra loro.
Penso che la presa di coscienza del proprio orientamento sessuale (come nel romanzo della Bechdel) sia qualcosa certamenteforte e importante, ma prorpio per questo è qualcosa di non rimandabile. Io avrei potuto convivere tutta la vita con i miei fantasmi, non sarei stato molto diverso dalla maggior parte delle persone che mi circondano. Il fatto è che voglio cercare di essere migliore. In effetti penso che per avere una vita felice, si debba inseguire un sogno e alla fine non importa se si avveri o meno. L'importante è svegliarsi con quella voglia e andare a dormire stanchi ma consapevoli di aver fatto tutto e di più. Così passano i giorni e così passa la vita.

La tua storia nasce e si sviluppa in provincia, precisamente a Cerignola in Puglia. Pensi sarebbe stato lo stesso se tu fossi nato, che ne so, ad Acireale o a Busto Ariszio?

Più o meno credo di si. Non posso essrne sicuro, ma credo di si. Certi elementi caratteristici del nostro territorio, mi hanno fatto diventare quello che sono. in un altro posto, sarei stato poco diverso, ma sostanzialmente lo stesso. Io do molta importanza ai dettagli, sono quelli che fanno la storia. La narrazione è qualcosa di molto standard, sono le sfumature a rendere un racconto diverso da un altro.

Ultima domanda: ho la sensazione che i migliori storytellers vengano proprio dalla provincia. Quando anni fa arrivai a Roma, notai nei romani una certa "stanchezza" culturale. Questo secondo te deriva dal fatto che la provincia, ti porta necessariamente a dover lottare il triplo per ottenere qualcosa che può essere il disco che non trovi, il concerto lontano centinaia di chilometri, il libro che non si trova al supermarket quando non addiritura uno status sociale?

Non credo sia così. Dopo tutto un buono scrittore è sempre un ottimo osservatore della realtà e delle persone. Lo si può essere in provincia come in città. Per quanto mi riguarda, credo che la mancanza di input in provincia mi abbia portato ad elaborare certi pensieri, ma in fondoè a Roma che sono riuscito a riorganizzare questi pensieri.